domenica 29 dicembre 2013

Da Recanati a Santurbàn: per salutare l'anno vecchio e augurarsi il meglio per il nuovo

Il 2013 è ormai in procinto di cedere il passo all'anno nuovo: qualcuno (e forse più di qualcuno) si troverà, magari sfruttando alcuni giorni di riposo, a fare un bilancio dei mesi passati e a stilare piani per l'avvenire. Il 2014 sarà l'anno della ripresa, hanno detto alcuni; però ci vorrà tempo, hanno chiosato altri. Fortunatamente, almeno da parte dei media, la pausa natalizia giova un po' al silenzio.

Veniamo a noi! Scusandomi con voi per le poche riflessioni proposte ultimamente (la tesi concede poco tempo per altre letture), ho pensato di salutare l'anno vecchio con un testo celeberrimo del poeta di Recanati, uno dei dialoghi delle Operette morali che prediligo e che sempre mi rileggo negli ultimi giorni prima della fatidica notte di S. Silvestro; mi riferisco, l'avrete capito, al Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere

Si tratta di un testo che mi ha sempre molto impressionato. In particolare, le domande incalzanti che il passeggere rivolge al venditore sul significato della vita passata e sulle aspirazioni per l'avvenire mi hanno sempre creato un senso di disagio, non meno che le risposte semplici, sincere del venditore (invito perciò a leggere il dialogo completo, abbondantemente presente anche in rete). Un ritmo incalzante prepara il terreno all'affermazione centrale che Leopardi esprime per bocca del Passeggere:

Passeggere. Oh che vita vorreste voi dunque?
Venditore. Vorrei una vita così, come Dio me la mandasse, senz'altri patti.
Passeggere. Una vita a caso, e non saperne altro avanti, come non si sa dell'anno nuovo?
Venditore. Appunto.
Passeggere. Così vorrei ancor io se avessi a rivivere, e così tutti. Ma questo è segno che il caso, fino a tutto quest'anno, ha trattato tutti male. E si vede chiaro che ciascuno è d'opinione che sia stato più o di più peso il male che gli e toccato, che il bene; se a patto di riavere la vita di prima, con tutto il suo bene e il suo male, nessuno vorrebbe rinascere. Quella vita ch'è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll'anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero? 

Tuttavia mi pare poco simpatico concludere l'anno e porgere il mio augurio per il 2014 con le affermazioni gravi e non troppo ottimiste di un filosofo. Così ho deciso di stemperare il clima dell'operetta con l'augurio semplice e lieto che la notte di Capodanno faceva il poverissimo Toni Oche, un personaggio del Paese silenzioso:

Bonì, bon ano, bon capo de l'ano 
bone feste, bone minèstre 
boni capòni, boni minestroni 
'Na borsa de oro, una de argento 
Dème 'na man, ca so' contento!

Il mio augurio (intendiamoci, accanto a quello di un prospero 2014!) che anche a voi, come accadeva per Toni Oche, la notte di Capodanno un'anima buona doni qualcosa in cambio di questa breve filastrocca: una nocciola, una nespola, un uovo o una tazza di brodo. Qualche decennio fa tanto bastava per dirsi contenti.

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