Il presente non basta. La lezione del latino. È questo il titolo di un libro di Ivano Dionigi, ex rettore dell'Alma Mater di Bologna e insigne latinista, uscito lo scorso settembre per Mondadori. Si tratta del terzo saggio in pochi mesi dedicato ad una lingua antica, dopo Viva il latino. Storie e bellezza di una lingua inutile di Nicola Gardini e dopo, o meglio, quasi contemporaneamente a La lingua geniale. 9 ragioni per amare il greco di Andrea Marcolongo.
Da insegnante e da classicista, per quanto con un percorso per certi aspetti ibrido e aperto a mille interessi, seguo sempre con attenzione il dibattito sull'insegnamento del greco e del latino: due lingue e, insieme, due culture, due visioni del mondo che la scuola italiana offre ancora, nonostante mille attacchi, ai propri cittadini in formazione. Non voglio entrare nel merito dell'eterno dibattito, che troppo spesso si riduce a domande mal poste (vedi quella sull'utilità) e prese di posizione ideologiche fondate sulla miopia o, peggio, sulla dabbenaggine; oggi voglio solo condividere con voi, amici lettori,alcune riflessioni sul primo dei tre libri citati.
Veniamo dunque al lavoro di Ivano Dionigi. È innanzitutto un libro che, come del resto fanno anche i saggi di Gardini e Marcolongo, parte dall'esperienza diretta: forte di una vita dedicata allo studio del latino, Dionigi ci guida alla sua scoperta attraverso un personale punto di vista e che tuttavia si propone di abbracciare i capisaldi dell'eredità che la lingua latina ha lasciato all'Europa. Questo legame con la memoria e con l'eredità del passato, evidente sin dal titolo, viene ribadito costantemente sin dalle prime pagine del saggio e dalle tre citazioni - di Goethe, Eliot, Mahler - poste in esergo. Si tratta, scrive Dionigi nel Prologo, di un'eredità da conquistare dato che essa, che lo si accetti o meno, fa parte di noi ma non è data automaticamente.
Segue un brevissimo capitolo, Tre domande, provocatorio, in cui l'autore introduce i tre punti fondamentali che si propone di dimostrare nelle pagine successive, la triplice eredità <<di cui il latino ci mette a parte: il primato della parola, la centralità del tempo, la nobiltà della politica>>.
Dopo un capitolo in cui Dionigi riprende l'antica (ma forse nemmeno troppo) querelle sul latino come lingua di destra o di sinistra, il saggio procede lungo gli assi delineati in precedenza. È questa la parte più bella, partecipe e viva del libro: attraverso l'esperienza di un amore vissuto nel profondo e grazie ad una profonda dottrina, Dionigi espone i tre concetti - primato della parola, centralità del tempo, nobiltà della politica - riferendosi ai grandi autori che li hanno resi immortali. Ecco spuntare allora nomi celebri, da Lucrezio a Cicerone, da Virgilio a Seneca a Orazio. Emergono aspetti noti e talora meno noti: un gusto per un giovane insegnante alla ricerca di spunti e particolari poco noti!
Sebbene rivolto alla lingua latina, il libro di Dionigi resta però sempre ben piantato nel presente, come conferma soprattutto la seconda parte del libro. Dopo un capitolo dedicato alla storia del latino come lingua europea, quindi ben oltre l'antichità, Dionigi si concentra sull'oggi, presentando alcune caratteristiche del latino valide nella società odierna, prima fra tutti la brevitas: nell'era di Twitter poche lingue come il latino possono offrire tanta concentrazione semantica in un numero tanto ridotto di parole. Il pregio di questo capitolo è, a mio avviso di focalizzare ancora una volta l'attenzione su questo aspetto del latino; più personale e meno efficace risulta l'ipotesi di legare il latino a Twitter e, più in generale, alla comunicazione odierna.
Infine, nel capitolo conclusivo, l'autore si rivolge alla scuola, proponendo una sua "ricetta" per l'insegnamento del latino. La tesi centrale del capitolo è che il latino, come tutti i saperi umanistici, non può e non deve essere contrapposto alle discipline scientifiche: una scuola all'insegna dell'et et, non dell'aut aut è quella che propone Dionigi. Tesi coraggiosa, che pone questioni profonde di riorganizzazione dell'insegnamento ma anche precise scelte politiche, legate all'idea di scuola del futuro. Scrive infatti Dionigi che la scuola del domani sarà possibile <<con provvedimenti seri e investimenti veri: dilatando gli orari scolastici, abolendo i compiti a casa, pagando adeguatamente gli insegnanti>>. Queste belle parole saranno recepite da qualcuno de quei de sora, come si dice dalle mie parti? Ai posteri l'ardua sentenza...
Un ultimo appunto sullo stile: libro molto utile e nel complesso ben scritto per giovani insegnanti o comunque per persone con una buona cultura classica, lo è meno per gli studenti e per i neofiti allo studio del latino, a causa di certe parti più tecniche, di una certa concentrazione di contenuti e dei numerosi riferimenti a testi ed autori non sempre noti a chi non è del mestiere.
Infine, nel capitolo conclusivo, l'autore si rivolge alla scuola, proponendo una sua "ricetta" per l'insegnamento del latino. La tesi centrale del capitolo è che il latino, come tutti i saperi umanistici, non può e non deve essere contrapposto alle discipline scientifiche: una scuola all'insegna dell'et et, non dell'aut aut è quella che propone Dionigi. Tesi coraggiosa, che pone questioni profonde di riorganizzazione dell'insegnamento ma anche precise scelte politiche, legate all'idea di scuola del futuro. Scrive infatti Dionigi che la scuola del domani sarà possibile <<con provvedimenti seri e investimenti veri: dilatando gli orari scolastici, abolendo i compiti a casa, pagando adeguatamente gli insegnanti>>. Queste belle parole saranno recepite da qualcuno de quei de sora, come si dice dalle mie parti? Ai posteri l'ardua sentenza...
Un ultimo appunto sullo stile: libro molto utile e nel complesso ben scritto per giovani insegnanti o comunque per persone con una buona cultura classica, lo è meno per gli studenti e per i neofiti allo studio del latino, a causa di certe parti più tecniche, di una certa concentrazione di contenuti e dei numerosi riferimenti a testi ed autori non sempre noti a chi non è del mestiere.
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