domenica 1 dicembre 2013

A settant'anni dall'appello di Concetto Marchesi nel paese dell'oblio e dello shopping natalizio

In Grecia l'oblio e la dimenticanza erano rappresentati da un fiume, il Lete. Situato nel regno dei morti, con le sue acque offriva a chi vi si accostava la perdita della memoria dal proprio passato. Al Lete ho pensato quando, alcuni giorni fa, mi è giunta la notiza del corteo di estrema destra che ci sarebbe stato (e c'è stato, ieri pomeriggio) a Vicenza: in strada "contro le banche e l'immigrazione", come ho letto su un articolo on-line.
Ora, non voglio attuare discorsi sulla legittimità o meno di una manifestazione neofascista a Vicenza, città decorata di due medaglie d'oro al Valor Militare, di cui una per la Resistenza nel periodo 1943-1945; mi limito a condividere alcune riflessioni su temi a me cari quali memoria, responsabilità e futuro (parole che potrete ritrovare sin dai miei primi post). Ciò che mi ha infatti colpito, ancor più del gran parlare della cosa, è stato leggere l'articolo presente ieri sul sito del quotidiano della provincia. In esso, il tema più sentito suscitato dalla manifestazione (e contromanifestazione) era la rabbia e l'indignazione dei commercianti del centro storico, penalizzati nel primo fine settimana di acquisti natalizi. Non una parola all'Anpi o ad altre associazioni partigiane impegnate nella trasmissione della memoria storica.

Concetto Marchesi 2.jpgI tempi sono duri e, come avrebbe detto Cicerone, ciascuno pro domo sua. Fatto sta che, come spesso mi accade, non ho potuto fare a meno di gettare ponti tra argomenti diversi, luoghi diversi, tempi diversi. Esattamente settant'anni fa, 1 dicembre 1943, Concetto Marchesi, insigne latinista e, dall'estate del '43, Rettore dell'Università di Padova, diffondeva il suo celeberrimo appello agli studenti. Con esso invitava ciascuno a resistere all'occupante e ai suoi sgherri repubblichini. Lo condivido con voi, amici lettori, non perché tutti si debba avere le stesse opinioni o idee, bensì perché solo attraverso la memoria viva, accompagnata da una sua corretta interpretazione, possiamo mantenere i sensi fini ed evitare l'indistinta marea di quanti, per ingnoranza o presunzione, gridano odio e violenza, oppure, ascoltantodo ciò, si voltano cinicamente dall'altra parte.

Studenti dell’Università di Padova! Sono rimasto a capo della vostra Università finché speravo di mantenerla immune dall'offesa fascista e dalla minaccia germanica; fino a che speravo di difendervi da servitù politiche e militari e di proteggere con la mia fede pubblicamente professata la vostra fede costretta al silenzio e al segreto. Tale proposito mi ha fatto resistere, contro il malessere che sempre più mi invadeva nel restare a un posto che ai lontani e agli estranei poteva apparire di pacifica convivenza mentre era un posto di ininterrotto combattimento.
Oggi il dovere mi chiama altrove. Oggi non è più possibile sperare che l'Università resti asilo indisturbato di libere coscienze operose, mentre lo straniero preme alle porte dei nostri istituti e l'ordine di un governo che - per la defezione di un vecchio complice - ardisce chiamarsi repubblicano vorrebbe convertire la gioventù universitaria in una milizia di mercenari e di sgherri massacratori. Nel giorno inaugurale dell'anno accademico avete veduto un manipolo di questi sciagurati, violatori dell'Aula Magna, travolti sotto la immensa ondata del vostro irrefrenabile sdegno. Ed io, o giovani studenti, ho atteso questo giorno in cui avreste riconsacrato il vostro tempio per più di vent'anni profanato; e benedico il destino di avermi dato la gioia di una così solenne comunione con l'anima vostra. Ma quelli, che per un ventennio hanno vilipeso ogni onorevole cosa e mentito e calunniato, hanno tramutato in vanteria la disfatta e nei loro annunci mendaci hanno soffocato il vostro grido e si sono appropriata la vostra parola. Studenti: non posso lasciare l'ufficio del Rettore dell'Università di Padova senza rivolgervi un ultimo appello. Una generazione di uomini ha distrutto la vostra giovinezza e la vostra patria. Traditi dalla frode, dalla violenza, dall'ignavia, dalla servilità criminosa, voi insieme con la gioventù operaia e contadina, dovete rifare la storia dell'Italia e costituire il popolo italiano. Non frugate nelle memorie o nei nascondigli del passato i soli responsabili di episodi delittuosi; dietro ai sicari c'è tutta una moltitudine che quei delitti ha voluto e ha coperto con il silenzio e la codarda rassegnazione; c'è tutta la classe dirigente italiana sospinta dalla inettitudine e dalla colpa verso la sua totale rovina. Studenti: mi allontano da voi con la speranza di ritornare a voi maestro e compagno, dopo la fraternità di una lotta assieme combattuta. Per la fede che vi illumina, per lo sdegno che vi accende, non lasciate che l'oppressore disponga della vostra vita, fate risorgere i vostri battaglioni, liberate l'Italia dalla schiavitù e dall'ignominia, aggiungete al labaro della vostra Università la gloria di una nuova più grande decorazione in questa battaglia suprema per la giustizia e per la pace nel mondo.

Concetto Marchesi



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