Tra le letture che, raggiunta ormai la conclusione della tesi, ho deciso di concedermi, questa settimana la scelta è caduta su uno dei libri "inevasi", che da tempo attendevano sul comodino: Momenti fatali di Stefan Zweig.
Come al solito, due parole sull'autore: Zweig, nato nel 1881 da una ricca famiglia ebrea viennese, cresce nella Vienna di fine Ottocento-inizio Novecento. Si laurea in filosofia e, una volta terminati gli studi, viaggia molto in Europa. Pacifista, durante la Grande Guerra ripara per un certo periodo in Svizzera. Tra gli anni Venti e Trenta diviene celebre come autore di biografie, tra cui quelle su Maria Antonietta, su Magellano, Balzac ed Erasmo da Rotterdam. Perseguitato dal Nazismo, lascia l'Austria nel 1934, spostandosi dapprima in Inghilterra, poi negli Stati Uniti e quindi in Brasile. Qui muore suicida nel 1942, assieme alla giovane compagna Lotte Altmann. Tra le opere di Zweig, degna di nota è anche l'autobiografia Il mondo di ieri, di cui magari parleremo prossimamente.
Momenti fatali. Quattordici miniature storiche esce nel 1927, riscuotendo da subito un grande successo. Si tratta di quattordici racconti-resoconti di momenti particolari della storia umana, dall'antichità al Novecento. Non di rado l'attenzione di Zweig si posa su un personaggio in cui si racchiude la grandezza del momento: uomini esemplari, per carattere, prontezza, capacità di far fronte al kairòs, al momento fatale appunto, oppure inadeguati, sovrastati. Grandi o meschini, tutti intenti a misurarsi con la Storia, vera protagonista di ogni singolo quadro, la Storia e i suoi momenti, ore, come le definisce Zweig stesso <<sature di potenziale drammatico e gravide di fato, che racchiudono in un'unica data, in un'unica ora e spesso in un solo minuto una decisione destinata a trascendere la contingenza>> (p.12).
I quadri, dicevo, si snodano dall'antichità agli inizi del Ventesimo secolo. Ecco quindi alternarsi la Roma di Cicerone alla caduta di Costantinopoli, la composizione del Messiah di Haendel alla battaglia di Waterloo, la fuga del vecchio Tolstoj alla conquista del polo sud, sino alla sconfitta di Wilson alla Conferenza di pace di Versailles. In ogni caso, è la Storia la protagonista, e attraverso una scrittura partecipata, densa di ammirazione, a tratti persino enfatica, Zweig ci conduce nelle sue pieghe "eroiche". Perché eroi sono alla fine i personaggi in scena, siano vincitori o sconfitti, giganti o inetti.
Un'ultima considerazione su uno dei racconti che più mi hanno coinvolto, quello su Cicerone. La narrazione prende avvio dopo la presa del potere di Cesare, dipingendo un Cicerone stanco, ma d'animo limpido, un homo novus che all'ambizione personale non ha contrapposto gli interessi della Res publica e che anzi diviene l'ultimo baluardo della tradizione e della virtù romana contro il potere personale. Un uomo che, pur non brillando per coraggio, giunge alla fine a rigettarsi nella mischia politica dopo l'uccisione di Cesare proprio in virtù di quella libertà dello Stato ormai inevitabilmente sopraffatta dagli interessi personali. Pagherà, lo sappiamo, con la vita la veemenza e la rabbia riversate nelle Filippiche, le orazioni pronunciate contro Antonio. Il Cicerone di Zweig non può non suscitare il nostro interesse. Per questo lo consiglio in particolar modo agli amici e colleghi antichisti e a quanti si trovano a spiegare la figura del politico-oratore-scrittore agli adolescenti di oggi.
Sarà una Storia drammatizzata, a tratti eccesisvamente, quella che emerge dai quattordici momenti fatali, ma proprio in quanto riletta come un romanzo, essa assume un valore esemplare. Un racconto pieno di fascino e ben scritto.
I quadri, dicevo, si snodano dall'antichità agli inizi del Ventesimo secolo. Ecco quindi alternarsi la Roma di Cicerone alla caduta di Costantinopoli, la composizione del Messiah di Haendel alla battaglia di Waterloo, la fuga del vecchio Tolstoj alla conquista del polo sud, sino alla sconfitta di Wilson alla Conferenza di pace di Versailles. In ogni caso, è la Storia la protagonista, e attraverso una scrittura partecipata, densa di ammirazione, a tratti persino enfatica, Zweig ci conduce nelle sue pieghe "eroiche". Perché eroi sono alla fine i personaggi in scena, siano vincitori o sconfitti, giganti o inetti.
Un'ultima considerazione su uno dei racconti che più mi hanno coinvolto, quello su Cicerone. La narrazione prende avvio dopo la presa del potere di Cesare, dipingendo un Cicerone stanco, ma d'animo limpido, un homo novus che all'ambizione personale non ha contrapposto gli interessi della Res publica e che anzi diviene l'ultimo baluardo della tradizione e della virtù romana contro il potere personale. Un uomo che, pur non brillando per coraggio, giunge alla fine a rigettarsi nella mischia politica dopo l'uccisione di Cesare proprio in virtù di quella libertà dello Stato ormai inevitabilmente sopraffatta dagli interessi personali. Pagherà, lo sappiamo, con la vita la veemenza e la rabbia riversate nelle Filippiche, le orazioni pronunciate contro Antonio. Il Cicerone di Zweig non può non suscitare il nostro interesse. Per questo lo consiglio in particolar modo agli amici e colleghi antichisti e a quanti si trovano a spiegare la figura del politico-oratore-scrittore agli adolescenti di oggi.
Sarà una Storia drammatizzata, a tratti eccesisvamente, quella che emerge dai quattordici momenti fatali, ma proprio in quanto riletta come un romanzo, essa assume un valore esemplare. Un racconto pieno di fascino e ben scritto.
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