La scorsa settimana ho avuto una felice sorpresa. Mio padre leggeva il quotidiano della provincia, d'un tratto mi
chiama e mi dice: "C'è un articolo su Stern". Accorro, osservo lo
scritto, una mezza pagina. Leggo con un misto di emozione e sorpresa.
Così sono venuto a conoscenza di questa piccola perla, Il coraggio di dire no. Conversazioni e interviste 1963-2007,
a cura di Giuseppe Mendicino, segretario comunale nella Brianza e
grande appassionato degli scritti e della figura del vècio, scomparso un
giorno di fine primavera del 2008.
Uscito
nel novembre 2013, è un testo che raccoglie contributi diversi,
suddivisi per argomento (la vita, i libri, le guerre e
natura-montagne-caccia): conversazioni già apparse ma che ora,
opportunamente raccolte e introdotte, ci forniscono un quadro unitario
dello scrittore e dell'uomo Mario Rigoni Stern, accompagnandoci tra i temi a
lui cari. Un libro, insomma, che per chi ama l'autore vicentino, per chi
ha letto i suoi libri, per chi ne apprezza stile e contenuti,
rappresenterà davvero una felice scoperta. O, forse, una riscoperta.
Un
paio di giorni dopo aver letto l'articolo, ridisceso nuovamente a
Padova, sono andato alla ricerca del libro. Non è stato facile trovarlo,
sono dovuto passare in tre importanti librerie del centro città prima
di riuscire sfogliarlo.
Ho
iniziato a leggerlo subito, nei brevi momenti di pausa tra la tesi e i
ponderosi saggi da consultare per portarla a termine. E davvero, proprio
come si augura il curatore nella prefazione, scorrere le pagine è
stato risentire vicino il vècio, «con la sua saggezza pungente e mai
consolatoria», la precisione, la misura nella parole.
Non ho proseguito la lettura delle conversazioni nell'ordine in cui compaiono, ho preferito
saltare, andare "a naso", lasciandomi suggestionare dai titoli o guidare
dai collegamenti tra uno e l'altro. E le sorprese non sono mancate. Ne
cito soltanto una, nell'intervista intitolata C'era un volta un bambino di
Rossella Martina, realizzata nel 2006. In essa Mario parla della sua
fanciullezza, citando, per esempio, l'episopdio del gioco col proiettile
d'artiglieria inesploso e il tanto giocare. Ma in essa compare anche la
madre, figura nascosta
nelle molte pagine che ha scritto, verso la quale mostrò sempre
discrezione e riguardo. E c'è un altro particolare, un ricordo
precocissimo che vorrei qui citare. È un ricordo, ma è anche poesia.
Ero
nella culla, la culla era appoggiata sul letto dei miei genitori, dalla
parte di mia madre. Sollevandomi un poco potevo vedere il presepe che i
miei avevano fatto sul comodino. In seguito seppi che era un regalo
della mia nonna materna per il mio primo Natale: un fondale di cartone
lucido stampato con delle finestrelle di celluloide rosa-rosso. Dietro,
la mamma ci aveva messo un lumino e così le finestrelle erano illuminate
e io riuscivo a vedere la luce rossastra ora più forte ora più leggera
che sfarfallava. Poi mi sono di nuovo appoggiato sulla schiena e da lì
potevo vedere un baluginìo sulla parete creato dalla porticina aperta
della stufa. Le fiamme riverberavano sul muro che era umido di
galaverna, la brina che nelle notti più fredde dalle nostre parti si
cristallizza anche sui muri interni delle case. La luce delle fiamme e i
cristalli di ghiaccio facevano luccicare la parete e io riesco ancora a
vedere quello stupendo gioco di luce (p.48).
Un'ultima parola sul titolo: Il coraggio di dire no ci
comunica con toni chiari il profondo sostrato morale che animava Rigoni
Stern, protagonista del Novecento fin dentro le sue pieghe più buie. Il
coraggio di dire no venne a Mario, come spiega egli stesso, quando,
prigioniero dopo l'8 settembre 1943, disse no, insieme a molti altri, a
quanti offrivano agli internati italiani nei lager tedeschi di tornare a
combattere per la repubblichina di Salò. Alla richiesta di fare un
passo in avanti, gli alpini fecero un passo indietro.
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