domenica 10 novembre 2013

Ulivi dei miei colli e ulivi del mito...

In queste settimane tra i colli di Santurbàn ferve la raccolta delle olive. Io stesso, qualche giorno fa, ho dato una mano in famiglia, salendo sui vecchi ulivi in cima al monte Costi e su altri, più giovani, piantati da mio padre qualche anno fa in un fazzoletto di terra tra i lievi pendii oltre il paese.
Raccogliere le olive è impresa faticosa, specie per chi non è troppo abituato a lavori pesanti; eppure, al contempo, è opera che distrae la mente e che arricchisce: si è in compagnia e si chiacchiera, si scambia una battuta, si ride e si ascoltano i suoni di una natura pressoché intatta. Soprattuto però, direi, il clima autunnale, a differenza del tempo gaio e ridente della vendemmia, stimola alla riflessione. Nei brevi momenti di riposo durante il giorno o alla sera i pensieri, arricchiti dalle esperienze quotidiane, vagano e dialogano coi ricordi di altre esperienze...

L'ulivo, pianta mediterranea per eccellenza, possiede una tradizione antichissima. Il mito greco lo lega indissolubilmente ad Atena, dea della sapienza e protettrice dell'omonima città di Atene. Si narra infatti che la dea ottenne la sovranità sull'Attica proprio in virtù del fatto che avesse donato alla città l'ulivo, dono utile agli uomini, scalzando Poseidone, che pure avanzava pretese sul territorio attico e che aveva per questo fatto scaturire in precedenza una sorgente di acqua salata (Cfr. Robert Graves, I miti greci, p. 50).

Da sempre l'ulivo fu per gli Antichi simbolo di pace, nonché di quella laboriosità contadina che in seguito divenne mito a sua volta. Coltura tipica dei Greci, fu descritto da Virgilio nel poema dedicato all'agricoltura, le Georgiche, come proprio delle terre aspre e difficili (II, 179 e ss.). Ma ben prima di lui la letteratura si era "impadronita" dell'ulivo. I poemi omerici sono ricchi passi riguardanti la pianta sacra ad Atena: ne ricordo solo alcuni, senza pretese di esaustività. Nel canto XVII dell'Iliade l'ulivo diventa termine di paragone del guerriero ucciso e spogliato delle armi; più ampiamente, potremmo azzardare che l'ulivo, pianta di pace, diviene rappresentazione dello sconvolgimento che la guerra arreca.

Come se uno coltiva una florida pianta d'olivo
in luogo deserto, dove sgorghi però molta acqua
una pianta bella, rigogliosa; la scuotono i soffi
di venti diversi, ed è tutta gemmata di fiori bianchi;
ma un vento s’abbatte all’improvviso con un turbine violento,
la sradica dalla sua fossa e la getta stesa a terra:
così al figlio di Pantoo, ad Euforbo, prode lanciere,
l’atride Menelao, ucciso che l’ebbe, predava le armi.
(vv. 53-60, trad. di Giovanni Cerri)

Nell'Odissea poi, il poema dell'eroe prediletto di Atena, l'ulivo diventa personaggio tra gli altri. Sotto un ulivo meravigliosamente intrecciato con un oleastro si riposa Odisseo approdato all'isola dei Feaci, (V, 476 e ss.) e sotto l'ulivo sacro di Itaca l'eroe medita assieme alla dea l'uccisione dei Proci. Infine, è grazie ad un ulivo che avviene il riconoscimento finale di Odisseo da parte di Penelope (XXIII, v. 190 e ss.): 

Cresceva, dentro al cortile, un tronco d’olivo dalle foglie sottili, rigoglioso, fiorente, largo come una colonna. Intorno a questo io eressi il talamo, che feci con pietre fittamente connesse e ricoprii con il tetto ben fatto; e la porta applicai, solida e salda...(trad. di Maria Grazia Ciani). 

Ormai è trascorsa una settimana dalla "mia" raccolta, le olive raccolte sono diventate olio novello. E mentre esso decanta e si purifica mi piace pensare che, dopotutto, il mito vive (e continua a rivivere) anche sui colli di Santurbàn.

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