domenica 22 settembre 2013

Memoria e futuro

Lo scorso lunedì, ospite di un folta delegazione di giovani aderenti al PES (Parlamento Euorpeo degli Studenti), sono stato a Trieste, per un incontro-dialogo con la vice presidente della Commissione Europea Viviane Reding e il ministro per gli Affari Europei Enzo Moavero Milanesi.

Ero gia stato in precedenza a Trieste, in una lontana gita parrocchiale di cui ho fatto cenno anche nel Paese silenzioso. Complice il clima infelice, la memoria aveva dipinto un ricordo grigio della città: coperto il cielo, il mare mosso e una bora rabbiosa e perenne. Il ricordo ben si adattava ad una certa immagine romantica di Trieste che da sempre sento viva in me, corroborata dalla lettura di Saba, di Svevo e di quel Magris germanista-scrittore che tanti crucci ha creato ai maturandi di quest'anno.

Lunedì invece scorso invece, a dispetto delle previsioni, brillava un sole luminoso, che ha accompagnato l'insolita gita e l'altrettanto inusuale incontro coi rappresentanti istituzionali. Formalità a parte, mi ha emozionato essere presente, non tanto per l'incontro in sé quanto per l'entusiasmo dei miei giovani compagni di viaggio, ragazzi delle superiori o, al massimo, ai primi anni di università. Convinti che il futuro vada costruito guardando con fiducia ad un'Europa unita e solidale, mi hanno colpito per la maturità delle riflessioni e per la consapevolezza che dimostravano. Uno sguardo fiducioso, sensibile, impegnato e critico.


Così, dopo una gita mattutina in una città che forse più d'ogni altra rappresenta il difficile percorso della storia italiana ed europea dal Medioevo ad oggi, dopo un incontro sereno e interessante con alcuni rappresentanti delle istituzioni, mi è parsa naturale conclusione la proposta degli organizzatori di fermarsi al sacrario di Redipuglia. Qualche minuto, di più i tempi non permettevano. Anche quella volta con la parrocchia ci si era fermati, ma pioveva a dirotto e nessuno era sceso dal pulmann. 

Lunedì invece siamo scesi tutti. Di fronte a noi, illuminato dagli ultimi raggi del sole, il sacrario si stendeva grigio e silenzioso. Al vederlo ho provato al contempo partecipazione e repulsione: partecipazione per i centomila ragazzi che vi riposano, repulsione per la monumentalità del fascismo, che in questo come in molti altri luoghi della memoria non ha avuto scrupoli a piegare e deformare, creando miti inesistenti, forzando la storia a sostegno di ideologia e propaganda.

Abbiamo mosso pochi passi, confusamente, fino alla tomba del duca d'Aosta, lo sguardo attratto da quegli infiniti 'presente' che scandiscono i gradoni della tomba collettiva. Tra quei centomila figura anche il mio paesano Fiorindo Paoléto, la cui storia ho raccontato sempre nel Paese silenzioso. Con lui ho sentito paesani tutte quelle giovani vite spezzate e ancora una volta mi sono convinto della responsabilità che ciascuno di noi ha verso di loro.
Guardiamo dunque al futuro con consapevolezza e fiducia ma, al contempo, conservando la memoria del cammino percorso e del prezzo pagato lungo la strada.

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