martedì 21 febbraio 2023

A Ravensbrück sui passi di Lidia Beccaria Rolfi

 «Voglio vivere per tornare, per ricordare, per mangiare, per vestirmi, per darmi il rossetto e per raccontare forte, per gridare a tutti che sulla terra esiste l’inferno»

Lidia Beccaria Rolfi, Taccuini dal lager

Nella fotografia che si trova su wikipedia Lidia Beccaria Rolfi appare sorridente, un sorriso largo, accompagnato da uno sguardo sicuro, che sostiene quello dell'osservatore. Eppure quello sguardo sembra nascondere un velo, appena percettibile, di malinconia, un non detto che interroga chi conosce la sua storia.
Lidia aveva da poco compiuto diciannove anni quando venne arrestata dai fascisti, il 23 aprile 1944. Dal dicembre precedente era staffetta partigiana e operava in provincia di Cuneo. Cresciuta in una famiglia contadina di Mondovì, nonostante l'educazione fascista che l'aveva vista entusiasta sostenitrice del regime durante la prima adolescenza, dopo l'8 settembre, entrata in contatto coi partigiani della XV brigata garibaldina "Saluzzo", aveva compiuto la sua scelta.
Consegnata alla Gestapo, dopo circa due mesi di carcere a Saluzzo e a Torino, venne deportata a Ravensbrück, un campo nazista situato nelle vicinanze di Fürstenberg, a circa 90 chilometri a nord di Berlino. Qui, fra il 1939, anno di apertura del lager, e l'aprile del 1945, furono internati decine di migliaia di prigionieri (alla Liberazione il campo era arrivato a 45.000 deportati ma si stima che le persone che in totale vi transitarono siano state circa 130.000), per la maggior parte donne (almeno 110.000 sul totale), provenienti da tutta Europa. 
Dopo mesi di vita indicibile, il 26 aprile 1945 Lidia, immatricolata con il numero 44140 e il triangolo rosso dei deportati politici, fu evacuata e condotta verso nord. Pochi giorni dopo fu liberata dai soldati sovietici. Iniziò allora un lungo periodo in attesa del ritorno a casa, a Mondovì, compiutosi solo l'1 settembre 1945. Una tregua "solo" un mese e mezzo più breve di quella di Primo Levi e che lei raccontò nel libro L'esile filo della memoria

Con il libro di Lidia nello zaino ho visitato Ravensbrück lunedì 13 gennaio 2023 con le mie studentesse e i miei studenti diciannovenni. L'età che aveva lei quando fu deportata qui. Il campo era una delle mete del progetto "Treno della Memoria", dopo aver fatto tappa a Berlino e prima di procedere verso Cracovia. 
Era una mattina grigia, gelida. E in quel grigiore il campo, avvolto dai boschi e affacciato su un lago oltre il quale si vedeva la cittadina di Fürstenberg, ci è apparso ancor più freddo e vuoto. Abbiamo seguito in silenzio la guida attraverso i luoghi più importanti, cominciando da quelli all'esterno del campo: il piazzale d'arrivo, la villetta del comandante, che viveva qui con la moglie e i figli, e quelle degli ufficiali, le palazzine per il personale femminile. Sì, perché Ravensbrück divenne anche il principale lager di addestramento per le ausiliarie che prestavano servizio ai campi in cui erano internate le donne. 

All''interno del campo, che fu poi utilizzato dai sovietici a guerra finita, non è rimasto molto: le baracche non ci sono più ma il loro perimetro è segnalato sulla ghiaia nera che copre il terreno. Restano gli edifici in pietra: la palazzina comando, che ospita il museo, le carceri, il crematorio... Resta anche il muraglione di pietra che chiude il campo in direzione di Fürstenberg, separata dal campo da un lago che d'estate sarà certo splendido ma che quella mattina non ha fatto altro che sottolineare il gelo di un luogo di sofferenza e morte. 

Conclusa la visita, con tutti gli altri gruppi di studentesse e studenti, circa cinquecento, abbiamo partecipato a una breve cerimonia di ricordo. Prima del pranzo ho ripreso in mano il libro di Lidia. Aprendolo a caso, ho trovato un'annotazione degli ultimi giorni di prigionia. Ho pensato alle e ai diciannovenni che erano con me. A loro spetta l'esile filo di questa memoria.

«Come dopo un violento temporale viene la calma e torna sereno, così anche per me, dopo la sofferenza, i tormenti, il dolore, verrà la calma, la pace e l’oblio, tornerà il sole anche per noi, avremo ancora giorni di serenità e di dolcezza lungi da questo luogo d’orrore e di pena. Di tutto non resterà che un triste, ma ormai lontano ricordo».
Lidia Beccaria Rolfi, Taccuini dal lager, in L’esile filo della memoria, Einaudi, 2021, p. 196.


 


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