dopo l'ennesimo lungo silenzio torno per porgervi il mio più caro augurio per un sereno 2024. Lo faccio recuperando dal mio primo libro, quel Paese silenzioso da cui tutto ha avuto origine, un personaggio dimenticato, a cui mi sono trovato a pensare in questi giorni, Toni Oche. Buon anno!
- Sono passati troppi anni - dice Bepi. - Pensa che è un mio ricordo giovanile…
Chi era Toni Oche? La sua è una voce che si perdeva tra le vie del paese, la notte che vedeva passare l’anno vecchio. Non fosse per Bepi che me ne ha parlato potrebbe non essere mai esistito. Eppure nel coro di voci che sento quando attraverso i vialetti coperti di ghiaia del cimitero ora c’è anche la sua. E mi pare di sentirlo mentre canta la sua canzone.
Bonì, bon ano, bon capo dell’ano
bone feste,bone minèstre
boni capòni, boni minestroni
‘Na borsa de oro, una d’argento
Dème ‘na man, ca so’ contento!
Era povero davvero Toni Oche…
Così, la notte di capodanno, passava a cantare gli auguri e a promettere una preghiera, chiedendo in cambio quel che i paesani potevano offrirgli: un pugno di nosèle (nocciole), una tazza di brodo (da consumarsi preferibilmente all’istante), o magari un uovo. Faceva il giro delle stalle, nelle quali i paesani attendevano il nuovo anno al tepore delle bestie, raccontando storie e pregando il Segnore per la buona stagione».
Il paese silenzioso, Edizioni Biblioteca dell'Immagine, Pordenone 2012, pp. 115-116.
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