Il testo che condivido di seguito è tratto dalle carte di Antonio Giuriolo (1912-1944), intellettuale antifascista vicentino, esponente del Partito d'Azione, comandante partigiano, caduto a Lizzano in Belvedere il 12 dicembre 1944, medaglia d'oro al valor militare.
Giuriolo a Tremosine sul Garda nel 1938. |
«Il mondo è tutto travagliato dalle scosse di una crisi violenta; è una tempesta che non investe solo le vecchie istituzioni politiche e sociali, i rapporti internazionali e intercontinentali ma anche i costumi, le idee, le fedi e le tradizioni. La guerra se dall'esterno appare prima di tutto la febbre che brucia nel corpo malato della nostra civiltà, è sostanzialmente, guardata nell'intimo, l'espressione esasperata di un complesso dissidio morale e spirituale. Sembra che tutte le contraddizioni che si sono venute man mano accumulando nella storia dell'ultimo secolo si siano sviluppate in un modo sempre più inestricabile; perciò c'è ora bisogno della spada per tagliarlo; e i carri armati e le divisioni aeree sono il simbolo modernissimo di questa tragica fatalità a cui gli uomini sono ancora sottoposti, di dover straziare la carne viva per ricomporre gli squilibri profondi dello spirito. Di questa crisi veramente totalitaria la prima a soffrirne è la cultura; anzi si potrebbe dire che l'intimo disorientamento che ora la travaglia sia di questa crisi uno dei sintomi più gravi e più preoccupanti. Ed è naturale che sia così. La cultura non è un ornamento lussuoso e superfluo della vita; ma una sostanziale necessità: sorge da essa, perché in essa ritrova l'impulso a creare i suoi valori universali ma in essa poi questi valori fa rifluire, essa è la voce con cui la vita si esprime; l'anima con cui la vita prende coscienza di se stessa; lo spirito che rielabora e rinnova i motivi, gli ideali che servono di direttive alla vita, La cultura perciò sorge come un’esigenza vitale dalla vita stessa; ma con la vita non si confonde: crea valori spirituali che poi rifluiscono nella vita per fecondarla e dirigerla; ma in questa attività non si esaurisce tutta. Si cala continuamente nel gorgo della vita per poi elevarsi continuamente su di essa: come Anteo, ha bisogno di riprender forza dalla terra madre ma da questa se ne distacca per una sua ben definita funzione. La storia è appunto il continuo scomporsi e ricomporsi di questi squilibri che si aprono fra la cultura e la vita; e il ripresentarsi sotto nuove forme, di questo travaglio fondamentale che sempre più s'approfondisce».
Testo riportato in R. Camurri, Pensare la
libertà. I quaderni di Antonio Giuriolo, Marsilio, Venezia 2016. pp. 483-484.
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