Ormai lo vado ripetendo da tempo: i libri ci chiamano. Una volta scritti e pubblicati, questi strani oggetti hanno vita propria; potrebbero esistere a prescindere dal loro autore e dal momento della pubblicazione hanno una loro storia, camminano, si spostano, passano di mano in mano. Chi fra voi mi segue sui social sa che qualche volta pubblico le foto di ritrovamenti importanti o di cacce al libro particolarmente fruttuose fra scaffali polverosi e bancarelle. Ma non solo fra i banchi di un mercatino o fra le mensole di una libreria dell'usato i libri chiamano. A volte accade che arrivino attraverso le persone, e incontrarli suscita un'emozione non meno intensa del ritrovamento fortuito.
Così è accaduto pochi giorni fa, quando un'amica mi ha mandato un messaggio che ho letto sgranando gli occhi: Per caso ti interesserebbe in dono un libro con la firma di Antonio Giuriolo? Sì, proprio lui, Capitano Toni. Il Toni dei Piccoli maestri, il maestro senza cattedra, l'«apostolo della Libertà». Ho letto e riletto quel messaggio prima di rispondere. Ed era un tempesta di emozioni, di ricordi, di citazioni che si mescolavano.
Nato nel 1912, caduto sull'Appennino tosco-emiliano il 12 dicembre 1944, medaglia d'oro al valor militare della Resistenza, Giuriolo non aveva accettato la tessera del PNF: insegnava dando lezioni private a Vicenza. Luigi Meneghello su di lui ha scritto pagine indimenticabili nei
Piccoli maestri e in
Fiori italiani. Ma anche Norberto Bobbio ha speso per lui parole scolpite nel marmo, in due discorsi commemorativi che tracciano il ritratto di un uomo straordinario pur nella sua schiva riservatezza, come ha ricordato l'amico Gigi Poletto in un bell'articolo che si può leggere
qui.
«Toni fu un eroe senza gesti. Il suo eroismo era dentro, non fuori, nell’animo puro, incorrotto, non nelle parole, nelle frasi solenni. E proprio perché fu un eroe senza gesti rappresentò bene la figura del combattente di questa guerra straordinaria, quale fu la guerra di liberazione, che trascende i confini di una patria, gli odi di parte, la politica delle fazioni. A guerre eccezionali occorrono, per giustificarle di fronte a noi stessi, uomini eccezionali. Giuriolo è stato uno di questi. Per lui, anche per lui, la Resistenza è rimasta nel nostro cuore come una feconda stagione dell’Italia e dell’Europa, nonostante le rovine, le stragi, le sofferenze di tutti» (Norberto Bobbio, discorso tenuto a Bologna nel 1964, citazione riportata nel
sito dell'ISTREVI.
Ci siamo trovati pochi giorni fa sotto l'ombrellone di un bar in piazza San Lorenzo a Vicenza, a poca di stanza dalla biblioteca Bertoliana, dove Giuriolo trascorreva sovente le sue giornate. Qui Marina, la mia amica, mi porge il libro, un'edizione Laterza del 1934: Guido De Ruggiero, La filosofia del Cristianesimo. Mi dice di averlo ricevuto a sua volta. E ha pensato di donarmelo:
- Aprilo - soggiunge.
Non me lo faccio ripetere due volte e lì, sulla prima pagina, la firma. Le mani tremano, un nodo mi serra la gola. Riesco a malapena a biascicare un "grazie" mentre la tempesta di pensieri ed emozioni riprende a turbinare più forte che mai.
«Se ora dovessi racchiudere in una formula il significato della sua vita, direi che egli rappresentò l’incarnazione più perfetta che mai io abbia vista realizzata in un giovane della nostra generazione dell’unione di cultura e di vita morale» (Norberto Bobbio, discorso pronunciato a Vicenza nel 1948, citato in Renato Camurri,
Tra mito e antimito: note sulla formazione di Antonio Giuriolo, scaricabile cliccando
qui).
Un dono incredibile. E mi pare, tenendo questo libro fra le mani, di toccare la storia. Mi torna in mente un altro passo di Meneghello: «L’incontro con lui ci è sempre parso la cosa più importante che ci sia capitata nella vita: fu la svolta decisiva nella nostra storia personale» (Luigi Meneghello, Fiori italiani, Rizzoli, Milano 2006, p. 165). L'emozione raggiunge l'apice quando scorgo, fra le pagine, delle sottolineature a matita. Una, relativa a S. Agostino, mi colpisce:
|
Particolare del cippo sul luogo in cui cadde Capitano Toni a Lizzano in Belvedere, foto di Michele Bergamini |
«Egli sente il valore della personalità come nessun greco; fa del pensiero un'energia interiore alla cui ricerca non presiede un oggetto già formato, e il cui cercare è perciò un continuo trovare, perché un continuo creare; egli dà un rilievo fortissimo al momento pratico, volontario dello spirito, divino ed umano, e lo sottrae, per quel che è possibile, agl'influssi intellettualistici».
Ringrazio ancora Marina. Altre parole mi sembrano inutili e posticce. Intorno a noi scorre una mattina come tante altre di fine estate. Ma qui no.