domenica 1 novembre 2015

Passato, futuro e silenzio di bosco

Mi piace l'autunno. La danza dei colori, il mescolarsi degli odori, le prime nebbie, l'aria che cambia e si prepara ad affrontare l'inverno, il silenzio operoso del bosco stimolano l'osservazione e la riflessione. <<Tante cose nel corso delle stagioni la natura può insegnare a chi osserva; ma è nell'autunno che il bosco si fa leggere con chiarezza>>. Così Mario Rigoni Stern in Stagioni, l'ultimo suo libro.

Questa mattina ho voluto celebrare a modo mio la festa di Ognissanti e uscire per una passeggiata lungo i fianchi del colle a nord ovest, in quella che qui chiamiamo Valbona. Da tempo desideravo osservare da vicino i progressi dello scempio che sta devastando la Valle dell'Agno, il cantiere della Superstrada (a pagamento) Pedemontana Veneta. Giusto un anno fa ne scrivevo (qui lo scritto) Oggi mi sono finalmente deciso.

Sono uscito a metà mattina. Con me solo la macchina fotografica; in testa i versi di Congedo, la poesia che Luigi Meneghello pone a sigillo del suo Pomo Pero e che già ebbi modo di condividere in queste pagine. Davvero strano come i versi imparati a memoria possano tornarci in mente e orientare il nostro sguardo sulla realtà...
 
Il piano inferiore del mondo
ha un orlo di monti celesti
ed è colmo di paesi.

Ecco il piano inferiore del mondo visto dalle colline di casa mia. Lo sguardo abbraccia l'orizzonte: ecco la valle dell'Agno, ecco laggiù la sagoma massiccia del Pasubio. Cento anni fa i paesani lo vedevano brillare di esplosioni: era la Grande Guerra...

Imbocco il sentiero che dal colle scende verso la Valbona. E subito mi imbatto nei segni del passato ormai preda del tempo. Tornano i versi di Congedo.

Smurata è la mura dell’orto
dilaniato il core...
 


Scendo attraverso gli antichi sentieri del colle. Intorno a me il bosco freme al tepore del sole. Ed è un gioco di luci e un rincorrersi di odori. <<Fuori dal tempo, fuori dal mondo, tutto [...] come mille anni fa e come forse tra mille anni ancora>>. Ancora Mario Rigoni Stern, Il sergente nella neve.
Infine, eccomi al piano. Qui è il mondo di cose nuove che si agita, freme, turbina, spazza via il vecchio.

Intorno si vede sorgere
un mondo di cose nuove,
questa roba si spazza via,
trionfa un rigoglio
banale e potente...

Ecco il progresso, il tristo (sic) <<progresso scorsoio>>, per citare le parole di un altro grande poeta di questa dimensione veneta, Andrea Zanzotto. Asfalto e cemento, come decenni fa. Così deve essere, così fa comodo a pochi e va bene a molti. Il resto tace.

Non è più una parodia.
È vero uso moderno,
i geometri se ne intendono
delle cose e dei loro nomi...

Proseguo. Il sentiero si fa stradina di campagna, poi strada comunale. E dietro una cortina di colori autunnali ecco di nuovo i tunnel che forano il colle a colpi di mina.

Arrivo fino al monumento ai partigiani. La colonnina è muta all'ombra del cipresso che la protegge. Le foto dei due ragazzi morti il 26 aprile 1945 voltano le spalle al mondo nuovo.


...mio piccolo popolo
forzato da un ramo villano
di storia italiana,
è una foto ricordo - sorridi.

Guardo quei volti, respiro piano. Quindi ritorno sui miei passi. Passato e futuro sono qui fianco a fianco. Entrambi orfani, entrambi soli.

Buona domenica, amici lettori.




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