venerdì 28 agosto 2015

Pensieri sparsi sulla facile moda di attaccare scuola e insegnanti

Mi spiace, dopo la pausa estiva, riprendere a scrivere con un post dal sapore polemico, ma uno spunto ricevuto in questi giorni mi ha portato a riflettere sul mio percorso di questi ultimi mesi e, più in generale, sulla scuola. Lo spunto è stato l'intervento dell'ing. Mauro Moretti, a.d. di Finmeccanica, al meeting di Comunione e Liberazione di Rimini. Non intendo commentare in toto quanto detto dall'ing. Moretti, anche perché non ho avuto accesso al discorso completo, ma solo soffermarmi sulle frasi che egli ha rivolto alla scuola e agli insegnanti e che si possono leggere qui. Lo so, è rischioso commentare parole incomplete e decontestualizzate, tuttavia credo che le frasi pronunciate dal noto dirigente offrano validi spunti di riflessione su quella che mi appare sempre più una moda facile e a buon mercato: l'attacco indiscriminato alla scuola e alla classe docente.

Non è molto che ho iniziato il mio percorso all'interno della scuola: un anno fa ho avuto la prima cattedra fino a giugno e un anno fa ho iniziato il percorso che mi ha portato, il 27 luglio scorso, ad abilitarmi per l'insegnamento nella scuola secondaria. Un percorso difficile e tortuoso, affrontato mentre il mondo in cui mi apprestavo ad entrare era scosso fino alle fondamenta dal dibattito sulla riforma.
Devo ammettere che, dopo averne sentite davvero tante, da molte parti diverse, sono divenuto sensibile e quasi intollerante di fronte a certi giudizi facili e sommari, slogan mai supportati da fonti attendibili e pronunciati sulla scia dell'umore, del sentito dire o di quanto appreso (e non di rado rielaborato in proprio) dai mezzi di informazione. Mai più che in politica e nella società dovremmo utilizzare la testa prima di proferire parola, invece si parla perché si è sentito da, si pensa che, si suppone di, e intanto si attacca un'Istituzione che tutti, prima di aprir bocca, dovremmo rispettare e considerare la più alta per il futuro del nostro paese. Non mi dilungo oltre e passo ad affrontare quanto sostenuto dal noto dirigente.

Le parole pronunciate dall'ing. Moretti non mi hanno sorpreso più di tanto, sono facilmente collocabili fra quei giudizi facili e di moda cui accennavo poco fa. Dopo averle lette mi sono posto alcune domande che provvedo a riformulare di seguito.
All'ing. Moretti avrei voluto chiedere quanto segue:
- se si è basato su dati attendibili per sostenere le proprie asserzioni;
- se è al corrente che una riforma dei licei e dei tecnici è stata da poco effettuata (nel 2010 dal governo Berlusconi, ministro Maria Stella Gelmini) ed è entrata quest'anno a pieno regime;
- se sa che la suddetta riforma prende a modello proprio i sistemi di valutazione del nord Europa che sembrano essergli cari;
- se sa che la suddetta riforma tende, almeno nelle intenzioni, proprio a superare le differenze del cosiddetto "doppio binario", cioè la distanza fra formazione liceale e tecnica;
- se è al corrente che proprio contro la scuola delle conoscenze si basano critiche come la sua: ora, dal 2010, quella italiana è una scuola delle competenze;
- se ha tenuto conto delle differenze fra sistemi scolastici italiano e finlandese e fra rispettive società prima di proferire parola;
- se conosce la tradizione storica e culturale della scuola italiana almeno dall'unità d'Italia in avanti;
- cosa intende quando dice che <<il progresso dei popoli e dei Paesi avviene per via tecnologica e questo ha un effetto drammatico anche sui contenuti umanistici>>;
- quali scuole abbia egli frequentato prima di iscriversi all'università.
 Come ho già avuto modo di scrivere, sarebbe bastato che invitassero un qualsiasi abilitato tfa per ascoltare cose più interessanti, precise e documentate.

Chiudo con una riflessione più ampia. Si sa che gli attacchi indiscriminati e condotti a suon di slogan non fanno bene a nessuno: non dimostrano né rispetto per ciò che si critica né acutezza in colui che muove l'accusa. Ma c'è un'ulteriore implicazione, subdola e inquietante, che concerne la progressiva delegittimazione dell'oggetto che si attacca. Insomma, è la storia nota della macchina del fango. Attenzione, dunque, perché, come ammonisce don Basilio ne Il barbiere di Siviglia,

La calunnia è un venticello, 
un'auretta assai gentile 
che insensibile, sottile,
leggermente, dolcemente
incomincia a sussurrar. 
Piano piano, terra terra, 
sottovoce, sibilando, 
va scorrendo, va ronzando; 
nelle orecchie della gente 
s'introduce destramente 
e le teste ed i cervelli 
fa stordire e fa gonfiar. 
[...]
Alla fin trabocca e scoppia, 
si propaga, si raddoppia 
e produce un'esplosione 
come un colpo di cannone, 
un tremuoto, un temporale, 
un tumulto generale, 
che fa l'aria rimbombar. 

Smettiamola qui. E prima di parlare sforziamoci di riflettere. Giacché, come recita il titolo di un celebre libro di Carlo Levi, le parole sono pietre.

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