Dopodomani sarà il 27 gennaio, Giorno della Memoria, istituito <<al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati>>. Così la Legge n. 211 del 20 luglio 2000.
Quest'anno la celebrazione del Giorno della Memoria si carica di un significato più solenne, ricorrendo il settantesimo anniversario di quel 27 gennaio 1945 in cui i russi liberarono il campo di Auschwitz. E se già da qualche giorno i media hanno iniziato a parlare dell'argomento, ci attende una settimana senza dubbio ricca di riflessione e memoria. Giusto che sia così. Confido che si riesca davvero a riflettere, a farlo profondamente, in silenzio, nonostante il molto rumore che accompagna ogni ricorrenza.
Intravedo un duplice rischio quando la memoria diventa ufficiale, quando si fa istituzione: quello, comune a tutte le ricorrenze, di perdere il senso profondo di ciò che si fa, trasformando alla lunga la memoria in una cermonia ripetuta e stanca; l'altro rischio, più complesso ma non meno fuorviante, legato al ricordo delle grandi persecuzioni e stragi, è quello di lasciarsi troppo suggestionare dalle emozioni. Le emozoni contano, ma non possiamo comprendere a fondo la Shoah se, accanto al cuore, non poniamo anche la mente, se non ci sforziamo di capire, e di capire a fondo ciò che è avvenuto. È questo un insegnamento che ho appreso ascoltando di persona chi visse i fatti di settant'anni fa, ed è per questo che vorrei proporre, in occasione del Giorno della Memoria di quest'anno, due opere che, fra le tante che ci verranno proposte, possono aiutarci a riflettere e capire. Meglio, a riflettere per capire.
Quest'anno la celebrazione del Giorno della Memoria si carica di un significato più solenne, ricorrendo il settantesimo anniversario di quel 27 gennaio 1945 in cui i russi liberarono il campo di Auschwitz. E se già da qualche giorno i media hanno iniziato a parlare dell'argomento, ci attende una settimana senza dubbio ricca di riflessione e memoria. Giusto che sia così. Confido che si riesca davvero a riflettere, a farlo profondamente, in silenzio, nonostante il molto rumore che accompagna ogni ricorrenza.
Intravedo un duplice rischio quando la memoria diventa ufficiale, quando si fa istituzione: quello, comune a tutte le ricorrenze, di perdere il senso profondo di ciò che si fa, trasformando alla lunga la memoria in una cermonia ripetuta e stanca; l'altro rischio, più complesso ma non meno fuorviante, legato al ricordo delle grandi persecuzioni e stragi, è quello di lasciarsi troppo suggestionare dalle emozioni. Le emozoni contano, ma non possiamo comprendere a fondo la Shoah se, accanto al cuore, non poniamo anche la mente, se non ci sforziamo di capire, e di capire a fondo ciò che è avvenuto. È questo un insegnamento che ho appreso ascoltando di persona chi visse i fatti di settant'anni fa, ed è per questo che vorrei proporre, in occasione del Giorno della Memoria di quest'anno, due opere che, fra le tante che ci verranno proposte, possono aiutarci a riflettere e capire. Meglio, a riflettere per capire.

