domenica 10 agosto 2014

In Flanders Fields: viaggio nel tempo e nella memoria

In Flanders Fields è il titolo e l'incipit di una poesia. La scrisse nella primavera del 1915 il tenente colonnello John Mc Crae, un ufficiale canadese, in memoria di un caro amico caduto nella seconda battaglia di Ypres. Già durante la Grande Guerra il testo divenne celebre e ancora oggi per la cultura anglosassone esso è un simbolo del sacrificio dei soldati caduti sui campi di battaglia dal 1914 al 1918. Non è un testo facile, nonostante l'apparenza, e va compreso. Riporto qui solo il primo verso:

In Flanders fields the poppies blow...

Nei campi di Fiandra sbocciano i papaveri. Pure i papaveri sono un simbolo del sacrificio. Così, grazie anche al testo di Mc Crae, presso i monumenti di guerra a Ypres non si depositano corone di alloro ma corone di papaveri di carta e piccole croci. Così avviene ogni sera, alle 20.00, presso il Menin Gate, la grande porta che ricorda 54.000 soldati del Commonwealth che non hanno avuto sepoltura nota. Da lì, dopo il nostro arrivo, è cominciato il viaggio nella memoria e nel silenzio attraverso i campi di Fiandra. Tre giorni trascorsi assieme a due cari amici, Alessandro e Silvio, per condividere insieme un'esperienza eccezionale: percorrere alcuni tra i luoghi più tristemente celebri della Grande Guerra, all'estremo nord del fronte occidentale. 

Cosa c'è oggi in Fiandra? Campi, soprattutto campi, e pascoli in cui le vacche brucano pigramente un'erba verde che cresce rigogliosa. Piccole strade di campagna attraversano quelle distese che facilmente si percorrono in bicicletta. Anche d'agosto il caldo non è insopportabile, e se il sole picchia un vento fresco, che viene dal mare, porta refrigerio. Spesso nuvole grigie solcano il cielo, piatto come la pianura che sovrasta: a volte se ne vanno, altre volte scaricano poche gocce di pioggia sottile.

Per uno che, come me, conosce quello che fu il fronte italiano della Grande Guerra, trovarsi in quella pianura sapendo gli avvenimenti lì avvenuti cento anni fa è stata esperienza unica, per molti versi straniante: non una vetta da conquistare, al massimo colline alte poche decine di metri.
Cronaert Chapel Cemetery
Per il resto, una piatta distesa di terra che ancora oggi trasmette, per chi con calma la attraversa, le dimensioni e l'assurdità di un conflitto che distrusse vite a milioni. A nulla valsero le quattro immani battaglie scatenate qui dai comandi tedeschi o alleati, a nulla valse il gas asfissiante, qui adoperato ampiamente tanto da dare il nome a quello che passerà alla storia come Iprite, a nulla armi come i lanciafiamme o i carri armati, a nulla se non a creare immensi cimiteri, oggi disseminati tra i terreni coltivati a mais, patate, bietole e cavoletti di Bruxelles.
 
- Oltre cinquanta nazionalità odierne si scontrarono in questo pezzo di fronte - ci raccontò Silvio, nostra guida lassù. E davvero a Ypres ci si rende conto della dimensione mondiale del conflitto. Basta leggere i nomi dei caduti.
Ypres dal monumento ai canadesi sulla Hill 62
Dalle colline, spesso trasformate in monumenti a vari reparti alleati, si scruta il paesaggio. Ypres, Ieper in fiammingo, è quasi sempre sullo sfondo, con le guglie della Lakenhalle che si stagliano verso il cielo. Silenzio tra le strade e i cimiteri. Pochi i visitatori, a parte che ai monumenti più importanti.
- Ma sono tutti cimiteri alleati... - chiedemmo dopo qualche ora di visita.
- Aspettavo questa domanda - fu la risposta di Silvio.
Ypres, in effetti, non è solo il luogo in cui rendersi conto della dimensione mondiale della Grande Guerra, è anche un luogo in cui si può capire come venne gestita la memoria dei caduti al termine del conflitto. Un'interessante lettura a riguardo è il testo di George L. Mosse Le guerre mondiali. Dalla tragedia al mito dei caduti. A Ypres si tocca con mano quanto Mosse spiega. Ogni nazione o impero celebra diversamente i propri morti.

Così a Ypres. I cimiteri, quasi tutti di truppe del Commonwealth, si ripetono sempre uguali: lapidi bianche
Lapidi al Tyne Cot Cemetery
rivolte a oriente, la croce con la spada incastonata  che si innalza solitamente al centro dell'area e, in linea retta, l'altare con le parole bibliche scelte da Rudyard Kipling al termine del conflitto: "Their name liveth for evermore".

I tedeschi fecero la scelta, dettata anche se non soprattutto da necessità economiche, di raggruppare i caduti in pochi grandi cimiteri, quattro in tutto il Belgio. A Langemark, località a nord est di Ypres ben nota a chi ha letto il testo di Mosse che ho citato, se ne trova uno, forse il più celebre. Lapidi a terra, marmo grigio, ombra e silenzio di un bosco di querce. Fiori per gli alleati, nulla per i tedeschi, un po' come nei nostri sacrari. Allo stesso modo, i monumenti, cippi e obelischi soprattutto, celebrano gli alleati del Commonwealth: inglesi, irlandesi, canadesi, indiani, australiani, neozelandesi... Nessuno celebra gli sconfitti. Solo il vento tiene compagnia a tutti in egual modo.

Cimitero tedesco di Langemark
Emozioni diverse si sono susseguite nei giorni trascorsi a Ypres, nel vedere i luoghi, nel camminare tra le lapidi leggendone le iscrizioni, nel parlare con le persone incontrate nel viaggio, come la signora inglese incrociata nella trincea del Bayernwald che si mise a raccontare con gli occhi lucidi, trattenendo a stento i singhiozzi, i sentimenti provati visitando il Flanders Fields Museum. Mi fermo qui per oggi, limitandomi a constatare che un pellegrinaggio è stato, alla fine, il viaggio a Ypres. E non è un caso, forse, che il punto più lontano del nostro giro sia stato Ploegsteert, il luogo in cui, nel Natale del 1914, tedeschi e inglesi uscirono dalle trincee per quella che è passata alla storia come la Christmas Truce, la tregua di Natale. Oggi in quel luogo solo una piccola croce di legno segna la memoria. Fragile, com'è dopotutto la memoria, eppure ferma, solida. Palloni affiancano i papaveri e le croci, a ricordare la partita di calcio che si svolse tra nemici. Ricordando ora la piccola croce, la immagino nel vento della sera. Ripenso così alle parole di un'altra canzone tradizionale, ascoltata dal vivo lunedì, nel concerto dei Coope boys & Simpson, un gruppo folk che canta le memorie di questi luoghi.
 
Fading away like the stars in the morning 
Losing their light in the glorious sun 
Thus would we pass from this earth and its toiling 
Only remembered for what we have done.

Only remembered, Only remembered, 
Only remembered for what we have done; 
Only remembered, Only remembered, 
Only remembered for what we have done...




 

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