Qualche tempo fa, in occasione della Fiera del libro per ragazzi di Bologna, pubblicai alcune riflessioni sulla letteratura odierna e sulle fiere letterarie, attingendo da un agile pubblicazione di Giulio Ferroni, Scritture a perdere (Laterza, 2010). Il testo si apriva con una descrizione ben poco lusinghiera del Salone internazionale del libro di Torino.
Ebbene, amici lettori, da giovedì 8 a sabato 10 maggio p.v. sarò anch'io nella "bolgia infernale" della fiera. Ci sarò per presentare L'eco delle battaglie, giovedì, e per incontrare i miei giovani lettori venerdì e sabato. Voi sapete che non ritengo le fiere un luogo per parlare a fondo di libri e letteratura, e sapete anche che non ritengo gli incontri con gli autori, né da lettore né da autore, fondamentali per comprendere le parole scritte. Il miglior modo per comprendere la letteratura, i libri e coloro che li scrivono è sempre (e solo, vorrei aggiungere) quello di sedersi in tranquillità e leggere. Il resto, spesso, è solo fumo negli occhi.
Tuttavia non voglio apparire il solito pessimista. Come ho scritto alcune settimane fa, la fiera può essere anche l'occasione per un confronto umano vivo e arricchente. Questo l'augurio che faccio a me e a quanti di voi, amici lettori, parteciparanno all'appuntamento di Torino. A tal proposito, sapendo che a nessuno è dato di possedere la verità, vi raccomando il solito atteggiamento filologico vigile e silenzioso, questa volta con una riflessione sulla scrittura lasciataci da un vero poeta del silenzio.
Scrive Turoldo nel suo ultimo libro: <<Scrivere è confessarsi, è donarsi; scrivere è liberarsi. Io non posso non scrivere. Anche se a leggere quanto è già stato scritto, di ben pochi, di pochissimi si potrà dire: ecco, costui ha scritto una verità che non era mai stata detta da alcuno. Ma ciò che importa, nello scrivere, non è questo. Scrivere è intingere la penna nel proprio sangue per dire a te stesso ciò che Lui, l'Amico, ha pensato di te, ciò che egli ha fatto e continua a fare di te>> (Il dramma è Dio, Bur, 1996, p.14). Possiamo leggere le parole di Turoldo con la fede, come del resto egli ce le presenta. Ma possiamo anche, e non nego di preferirlo, intenderle laicamente: la scrittura come strumento e via di ricerca, come ricerca del silenzio, senza vincoli e senza pregiudizi. Cercare e resistere. Nella certezza che ad ogni passo, dialogando, confrontandoci, soppesando, sbagliando, riordinando, possiamo imparare.
Buona fiera, dunque.