Oggi i cristiani di diverse confessioni festeggiano la Pasqua. Venerdì prossimo, 25 aprile, lo Stato italiano commemorerà il 69esimo anniversario della Liberazione. Circostanze diverse, certo; eppure, scrivendo queste righe non ho potuto evitare di salutare positivamente il cortocircuito che le due ricorrenze hanno creato tra i miei pensieri.
Due feste, due momenti di rinascita, due ragioni di speranza. Non voglio cadere nella facile retorica, solo augurare a tutti voi, amici lettori, una settimana ricca di memoria e, al contempo, di speranza per il futuro, augurandoci che non si trascinino le polemiche attorno alla festa della Liberazione. Il 25 aprile non è infatti la festa di una parte politica né di un partito o di una fazione particolare. Al pari del 2 giugno, anniversario della proclamazione della Repubblica, essa è festa nazionale. Il 25 aprile celebra la fine in Italia del conflitto più distruttivo di sempre, la Seconda guerra mondiale, e la Liberazione dall'oppressione nazista e fascista: una data che, riportando la pace dopo lutti e distruzioni immani, ha posto le basi dell'Italia libera, unita, repubblicana, democratica in cui viviamo.
Per ragioni che potremmo definire istituzionali e insieme come impegno personale, ho ripreso in mano in questi giorni un'opera monumentale, continuamente ristampata a partire dalla prima edizione, uscita nel 1954: le Lettere di condannati a morte della Resistenza europea, raccolte in volume a cura di Pietro Malvezzi e Giovanni Pirelli (Einaudi). L'opera, che contiene testi di condannati a morte di tutta Europa, rappresenta una lettura commovente e in grado come poche altre di far riflettere su cosa rappresentò, non solo in Italia, la Resistenza a nazisti e fascisti negli anni della Seconda guerra mondiale.
Giordano Cavestro, nome di battaglia “Mirko” aveva diciott’anni quando venne catturato dai nazifascisti. Nel 1940, a quindici anni, aveva dato vita, di sua iniziativa, ad un bollettino antifascista attorno al quale si erano mobilitati numerosi militanti. Dopo l’8 settembre 1943 lo stesso nucleo era diventato centro organizzativo e propulsore delle prime attività partigiane nella zona di Parma. Processato, venne fucilato il 4 maggio 1944 a Parma. Vi lascio, amici lettori, con le sue ultime parole. Ci aiutino a riflettere, a ricordare il sacrificio dei tanti che hanno dato la vita per la libertà di tutti, a tacitare gli strepiti molesti, a fare silenzio.
Parma. 4.5.1944
Cari compagni, ora tocca a noi. Andiamo a raggiungere gli altri tre gloriosi compagni caduti per la salvezza e la gloria d'Italia. Voi sapete il compito che vi tocca. Io muoio, ma l'idea vivrà nel futuro, luminosa, grande e bella. Siamo alla fine di tutti i mali. Questi giorni sono come gli ultimi giorni di vita di un grosso mostro che vuol fare più vittime possibile.Se vivrete, tocca a voi rifare questa povera Italia che è così bella, che ha un sole così caldo, le mamme così buone e le ragazze così care.
La mia giovinezza è spezzata ma sono sicuro che servirà da esempio.
Sui nostri corpi si farà il grande faro della Libertà.
Cara mamma e cari tutti,
purtroppo il Destino ha scelto me ed altri disgraziati per sfogare la rabbia fascista. Non preoccupatevi tanto e rassegnatevi al più presto della mia perdita.
Io sono calmo.
Vostro
Giordano