«Il caposquadra si avanza verso di loro. Ha in mano una specie di cartolina scritta a macchina, di cui legge il testo in tedesco. Quelli non capiscono altro che il tono perentorio di minaccia. Si sciolgono i pianti delle donne e dei bambini. La S. ha avuto il tempo di sbirciare che, sull’elenco dei nomi, il suo non c’è. Questo le dà coraggio: come a vendicarsi dello schiaffo, strappa di mano al tedesco la cartolina. Il testo è bilingue. È lei che lo legge ad alta voce ai vicini:
1. Insieme con la vostra famiglia e con gli altri ebrei appartenenti alla vostra casa sarete trasferiti.2. Bisogna portare con sé:
a) viveri per almeno otto giorni;3. Si può portare via:
b) tessere annonarie;
c) carta d’identità;
d) bicchieri.
a) valigetta con effetti e biancheria personali, coperte ecc.;4. Chiudere a chiave l’appartamento. Prendere con sé la chiave.
b) denari e gioielli.
5. Ammalati – anche casi gravissimi – non possono per nessun motivo rimanere indietro. Infermeria si trova nel campo.
6. Venti minuti dopo la presentazione di questo biglietto, la famiglia deve essere pronta per la partenza.
Venti minuti: neppure il tempo per lamentarsi. Meno di quanto occorra per fare fagotto. I bicchieri belli è meglio lasciarli a casa. E le valigette, dove trovarne una per ciascuno? I bambini ne vogliono una tutta per loro. Non seccate! Bisogna che i tedeschi non vedano dove stavano nascosti i manhood. Gioielli non ce n’è più, tutti da un nharèl. Le parole necessarie bisogna dirsele in ebraico, come si sa e si può – in quel gergo che pare un furbesco e ha sempre fatto sospettare che gli ebrei complottino – come si fa a parlare con quei due soldati entrati in casa a sorvegliare i preparativi?» (pp. 34-36).
Qui è possibile ascoltare l'intensa lettura di Moni Ovadia per "Ad alta voce" di Radio3: https://www.raiplaysound.it/audiolibri/16ottobre1943