al link che segue è possibile vedere o rivedere la presentazione dello Specchio delle Muse avvenuta presso il DISLL dell'Università di Padova lo scorso venerdì.
Per accedere al video cliccate qui.
al link che segue è possibile vedere o rivedere la presentazione dello Specchio delle Muse avvenuta presso il DISLL dell'Università di Padova lo scorso venerdì.
Per accedere al video cliccate qui.
Care lettrici e cari lettori,
altra settimana ricca di occasioni per incontrarci:
«Sono spariti. Erano le radici dei grandi alberi che erano i paesi. E i paesi cambiano faccia, costumi, frutti, persone. Così in fretta nello spazio di una vita, che c’è lo stupore di una morte sulla strada». Con queste parole si apre un piccolo gioiello di poesia e di cultura alpina: Vallese-Tibet. Icona dei contadini di montagna di Maurice Chappaz (Tararà, 2000, con testo a fronte).
Scrittore e poeta svizzero, nato nel 1916 e morto nel 2009, Chappaz è quasi sconosciuto al pubblico italiano anche a causa della scarsità di opere tradotte. Io stesso ho scoperto questo suo libro rumando a mercatini. Cresciuto nel Vallese, Chappaz in questo piccolo gioiello di poesia ci accompagna fra le pieghe di un mondo scomparso, durissimo per chi lo abitava eppure pervaso di aspra bellezza. Chappaz si sente osservatore- cantore privilegiato, e così guida anche noi, grazie al suo “essere sulla soglia”, né dentro né fuori quel mondo. Scrive: «Ho la sensazione di aver conosciuto un miracolo, e forse non avrei potuto vederlo questo miracolo se la sua scomparsa non ne facesse parte. Lo rendeva visibile e per darne testimonianza bisognava essere un passante, non del tutto dentro e gettato fuori allo stesso tempo. Come è successo a me» (pp. 39-41). E se quel mondo è finito, tuttavia, «il passato impregna il presente» (p. 19).
Un libro da assaporare lentamente, vagando sulla pagina, senza fretta, come percorrendo un sentiero fra antiche contrade, come fa l’autore guidandoci fra le montagne della sua Svizzera come fra quelle del lontano Tibet: due mondi solo all’apparenza diversi.
Arricchisce il libro una prefazione di Mario Rigoni Stern, che si conclude con un ammonimento: «Maurice Chappaz […] con amore e tanta attenzione legge le tracce lasciate dai montanari sulla Terra, insegue i suoi ricordi e crea poesia. Da un millennio di vissuta umanità ci riporta a ridosso di un altro millennio ancora da riempire. Ma di cosa riempire, ora che l’eco delle invocazioni si perde nel vuoto della montagna e dalle città non si vedono più le stelle?».